Il giorno della civetta
A proposito di prime edizioni (giorni fa ricordavamo il dottor Zivago) in questi giorni si è parlato molto della prima edizione di un libro molto importante, Il giorno della civetta, trovato per caso in un cassonetto dei rifiuti e solo recentemente “scoperto” e considerato nel suo valore editoriale e storico, peraltro contenente una dedica da parte dell’autore. Pensate che una copia di questa prima edizione vale fino a trecento euro, con l’autografo dell’autore il prezzo sale non sappiamo quanto.
Il giorno della civetta è un romanzo di Leonardo Sciascia, terminato nel 1960 e pubblicato per la prima volta nel 1961 dalla casa editrice Einaudi con in copertina il dipinto “Paese del latifondo siciliano” di Renato Guttuso.
Il racconto trae lo spunto dall’omicidio di Accursio Miraglia, un sindacalista comunista, avvenuto a Sciacca nel gennaio del 1947 ad opera della mafia di Cosa Nostra.
Sciascia aveva già iniziato a scrivere di mafia nel 1957 recensendo il libro di Renato Candida, comandante dei carabinieri ad Agrigento, al quale si è ispirato per tratteggiare il personaggio del Capitano Bellodi, protagonista del romanzo.
La prima edizione venne anticipata sulla Rivista “Mondo Nuovo” dell’ ottobre 1960 e proponeva una “Nota” che dichiarava la verità sottintesa alla finzione del romanzo scritta in una libertà non piena ma significativa nei confronti di una letteratura che fino a quel momento aveva fornito della mafia una rappresentazione apologetica e di una società che, negli organi politici e d’informazione, ne negava addirittura l’esistenza. Nel 1968 il testo diventa film ad opera di Damiano Damiani.
Nel 1972 il libro usciva all’interno della collana «Letture per la scuola media» sempre per Einaudi. In una avvertenza l’autore ripete come nel 1960, il governo ancora negasse l’esistenza della mafia, anche se già esistevano documenti e ricerche che ne dimostravano la presenza. A livello letterario, però, non esisteva ancora un libro che svelasse i meccanismi mafiosi e i modi di agire dell’organizzazione criminale. Sciascia si era preso la responsabilità di scrivere un testo letterario che mettesse lo Stato davanti al fatto compiuto, un romanzo che svelasse agli italiani la drammaticità della storia così che, il problema assumesse rilevanza politica e fosse pubblicamente messo sotto gli occhi di tutti. Un romanzo era la forma di denuncia più inattaccabile ma capace di toccare tutti e diffondersi. E questo romanzo entrava nelle scuole.
(Si racconta anche di alcune omissioni in questa edizione, ma di questo parleremo più approfonditamente una prossima volta…)